F. Truffaut su La signora della porta accanto

signora46Tratto da Tutte le interviste di F. Truffaut sul cinema a cura di Anne Gillan

A quando risale l’idea ?

Dipende se parliamo del soggetto, della storia o del tema. Diciamo che mettere faccia a faccia un uomo e una donna che si sono già amati in passato è un tema che ho in testa da molti anni e sul quale prendevo spunti. A quel tempo il mio abbozzo si chiamava “Sur les rails”: non proprio un bel titolo! mi serviva trovare una coppia ideale… Ho pensato a Fanny Ardant quando l’ho vista in les dames de la cote alla televisione. Ho avuto subito voglia di lavorare con lei. Questo accadeva poco prima che iniziassero le riprese di Le dernier métro, nel quale, a posteriori, ho avuto l’impressione di non aver fatto il massimo con Gérard Depardieu, che era solo uno dei sette personaggi e non il più importante.

signora58 Avevo molta voglia di lavorare di nuovo con lui, dato che c’eravamo intesi così bene, perciò la sera dei Cèsar ho presentato Gérard a Fanny Ardant. Da quel momento, ho ripreso la mia storia, che all’epoca era soprattutto la storia di un esaurimento nervoso, conseguenza della rottura di una relazione.

Come si costruisce una storia di questo tipo?

Si fa lavorare la memoria, i ricordi. Per esempio, il personaggio della signora Jouve deriva da una signora che avevo conosciuto una quindicina di anni prima. Mi trovavo nel Sud con Jean – Luois Richard -stavamo per scrivere la sceneggiatura di Mata Hary – e cercando un abito da sera per partecipare a un gala di Charles Trenet, conoscemmo questa signora che affittava smoking nella parte vecchia di Nizza.. Quando mi è tornata in mente, ho pensato subito a lei per la confidente di cui avevo bisogno nel nuovo film.

E’ una sceneggiatura scritta molto in fretta vero?

In due o tre settimane. Avevo certe date da rispettare rigorosamente, perché Gèrard doveva andare a girare in Messico e Fanny doveva cominciare la nuova serie di Nina Companeez. Andammo subito a Grenoble con la storia scritta su trentacinque o quaranta pagine, non di più; ma avendo gli attori sottomano potevo scrivere i dialoghi di volta in volta, la domenica, che è la cosa che mi piace di più.

Ne La signora della porta accanto, come nella maggiore parte dei suoi film, le donne non sono filmate come gli uomini. Lei si avvicina ai loro visi, per esempio…

Non me ne rendo conto. Ciò che ho visto subito, però, è che Depardieu è migliore nelle prime inquadrature, quando non conosce ancora bene il dialogo e deve scoprirlo; mentre Fanny diventa più emozionante man mano che si fa avanti. Quando davanti alla macchina da presa hai attrici come Jeanne Moreau o Fanny Ardant, senti che la sceneggiatura sta per elevarsi e la pellicola impressionata sarà preziosa.

Vorrei che ci parlasse del suo rapporto con gli attori. Poco fa ha detto: “Ho visto Fanny Ardant in Les dames de la cote ala televisione e ho avuto voglia di girare con lei. Esattamente come quando disse : “Ho visto Isabelle Adjani in L’ècole des femmes e ho avuto voglia di fare Adèle H.” Nel caso di Fanny Ardant, cosa è successo?

Fanny mi ha fatto subito pensare alle sorelle Bronte alle quali mi ero interessato ai tempi di Le deux anglaises. Mi sono detto: questa ragazza è come le tre messe insieme! Poi ci simo incontrati e abbiamo chiaccherato. Sono andato a vederla a teatro.

porta8Le piace questo? le storie spinte all’estremo?

Sono più esaltanti. E poi, quando si scrive, quando si filma, è piacevole far soffrire i personaggi. Ogni tanto sento qualcuno di essere rimasto sconvolto dal film, mentre io mi sento in uno stato di euforia. E’ la solita vecchia storiella ebrea. un tipo sta a letto e non riesce a dormire. “E perché non posso dare i soldi al sarto che sta qui di fronte”, spiega alla moglie. Allora lei si alza, apre la finestra e chiama il vicino: “mio marito non potrà mai dare i soldi che vi deve!” Poi torna a letto e dice al marito: “Ecco, adesso è lui che non potrà dormire.” Ogni tanto sentivo dire a qualcuno: quella tizia sta in clinica, è crollata; quall’altro sta facendo la cura del sonno.. Curiosamente, di tutte queste se ne sentiva parlare sui giornali, sui libri, ma raramente nei film.

Trovo che questo film sia molto duro per gli uomini

Davvero? C’è una scena di cui non sono di cui non sono contento e fa parte delle cose di cui mi pento. Non ho mostrato abbastanza lo stato d’animo di Depardieu nella seconda parte. Trovo che uando la signora Jouve dive a Depardieu: “Ho visto quella ragazza, è in un pessimo stato, dovrebbe andarla a trovare; in quel momento ho l’impressione che lo si giudichi un egoista, un superficiale. Mentre c’era quell’idea , che non sono riuscito a rendere, che la sua stessa violenza – nella scena in cui prende le botte – gli aveva fatto ritrovare il proprio equilibrio.

Con La signora della porta accanto, riscontriamo innanzitutto il suo bisogno di raccontare una storia..

Deriva sicuramente dal mio amore per i libri. Il mio sogno è di fare un film in cui la sola azione dovrebbe consistere di avvenimenti già passati che vengono raccontati. Uno dei momenti che preferisco in questo film è quando Depardieu ricorda a Fanny come si sono conosciuti. E’ molto inquietante, perché si tratta di far credere al pubblico che ciò che sta raccontando succede realmente! Bisogna far ascoltare al pubblico un dialogo non astratto. Non basta dire: “Tu mi amavi, io ti amavo.” Bisogna dire: “Tu stavi preparando delle tartine in fondo al giardino…” Cose che evocano immagini. A quel punto mi sembra che ci sia qualcosa d’interessante. Quando la signora Jouve racconta ul suicidio, è un racconto visivo.

Si sente che c’è qualcosa di premeditato nello sviluppo del film, anche se si rimane sorpresi.

E’ vero, non m’impegno mai in un film senza avere bene in testa l’ultimo quarto d’ora. Ho sempre paura di deludere. Ritengo che sia facilissimo avere inizi brillanti che finiscono per annoiare. Io ho spesso inizi laboriosi, purtroppo, ma almeno voglio essere soddisfatto di quello che accade verso la fine del film. Un film come questo non poggia sulla simpatia. Non bisogna guardare i miei personaggi come degli insetti. Credo che sia necessario raccontare una storia, raccontare qualcosa di affettivo tra la sala e lo schermo. Devi sapere dall’inizio se vuoi essere un saggista, un filosofo o un narratore di storie. Se hai scelto di essere un narratore, devi accettare la parte d’ingenuità di tutta la storia. Senza ingenuità, niente storia! Per contro la finzione ha bisogno di mélo. Le canzoni ce l’hanno. Io amo le canzoni, non ho bisogno di riferimenti pretenziosi tipo “come ha detto Althusser…” ecc..

porta6Questo ci porta a parlare dell’importanza che le canzoni hanno per lei.

Nei film non ci sono canzoni.

C’era “Mon amant de Saint-Jean” in L’ultimo metrò, una canzone di Trenet in Baci Rubati, e ne la signora della porta accanto si parla di canzoni, delle loro verità, delle loro menzogne… Che importanza hanno per lei?

Lavorando con Suzanne e Aurel, dicevo loro che questo film doveva essere in rapporto a Baci Rubati quel che Edit Piaf è in rapporto a Charles Trenet, cioè per me La signora della porta accanto è un film Edit Piaf. E’ un pò come “L’hymne à l’amour” o “Ne me quitte pas” di Jaques Brel, cioè le grandi canzoni sulle cose fondamentali.

Sulle emozioni-base, le più intense..

E’ vero, c’è spesso qualcosa di fondamentale, è questo è molto bello, sono molto invidioso dei parolieri, perchè so che non potrei fare altro. Per scrivere una canzone occorre uno spirito di semplificazione e di ellisse, mentre io scrivo facilmente i dialoghi. Mi sarebbe piaciuto scrivere canzoni. Se nel film non è detto in maniera polemica, dentro di me c’è un pò di polemica e diffidenza su ciò che oggi potremmo chiamare il discorso culturale. Diciamo che ne diffido. Sento ogni tanto trasmissioni radio in cui si dice che Juliette Gréco è culturale e Mirelle Mathieu non lo è. Secondo me, è culturale ciò che ci aiuta vivere. E se una canzone viene considerata dagli intellettuali come un tarlo solo perché la si è sentita tutto l’anno, però ha aiutato un sacco di gente, ebbene, questa canzone è importante. Ecco, è in considerazione di questo che ho scritto quel dialogo molto preciso: “Le canzoni dicono la verità. Anche se sono sceme, dicono la verità.” Poi lei si riprende e aggiunge: “Del resto, non sono sceme, perché non lo sono mai.” Certamente “La tua assenza ha spezzato la mia ombra” è una frase formidabile. Perciò, si, lo sentivo da molto tempo. Arriverei quasi a estenderlo alla stampa femminile, alla stampa rosa, che viene attaccata così di frequente, che gli intellettuali e gli intelligenti attaccano così tanto. Ho ricordi precisi della stampa del cuore, perché, quando ero sotto le armi in Germania a un certo momento sono riuscito a lavorare nell’ufficio in cui arrivavano tutti i giornali. Una volta alla settimana c’erano più o meno quattrocento copie di “Nous deux” che finivano in un paio d’ore. Tutti quei giovani soldati su che cosa si buttavano?  Su “Nous deux”. Era fantastico, mi aveva molto impressionato. Ovviamente in quel giornale c’era anche una “rubrica del cuore”, il che significava che sotto le armi i giovani soldati hanno bisogno di scrivere e ricevere lettere, ma anche di leggere le storie che c’erano là sopra. E’ da allora che mi dico che non bisogna disprezzare le cose con il pretesto che sono troppo popolari o di grande tiratura. Questo accade ancor oggi, quando la gente ironizza sulla televisione.. Io non sono un grande ammiratore di Guy Lux, lo trovo sgraziato, ma difendo anche i cantanti.


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